PVR, attività illecita del punto Quando non è responsabilità del concessionario. Tutte le novità dal punto di vista giurisprudenziale.

Il TAR del Lazio, con le sentenze n. 12087/2022 e 12088/2022, entrambe emesse in data 23 settembre 2022, nel definire il contenzioso promosso da un noto Concessionario on line, in relazione a due ricorsipromossi dal medesimo, uno ad ottobre 2021 e l’altro a dicembre 2021/gennaio 2022, ha confermato un fondamentale distinguo nella attribuzione di responsabilità al concessionario per infrazioni (asseritamente) poste in essere non direttamente dal medesimo ma da “soggetti terzi incaricati” (i cosiddetti PVR, i Punti Vendita Ricariche), facenti parte della propria rete commerciale, che avrebbero illegalmente utilizzato la piattaforma del concessionario.

Il TAR ha infatti puntualizzato, in adesione alle tesi difensive sostenute dai legali del concessionario, Avv. Umberto Ilardo ed Avv. Antonella Lo Presti, che, in questi casi, la responsabilità imputabile al concessionario è solo quella c.d. “organizzativa” (ossia quella scaturente dalla mancata o insufficiente attivazione di misure idonee a prevenire infrazioni commessi da operatori della propria rete), mentre viene espressamente negato che possa chiamarsi in responsabilità il concessionario a titolo di responsabilità c.d. “oggettiva”, ossia per il solo e semplice fatto di non aver impedito l’infrazione posta in essere e riconducibile esclusivamente al modo di operare degli operatori della propria rete.

Il problema, in concreto, sorge dalla letteralità prescrittiva dell’art.5, comma 2, lettera g), del format convenzionale, la quale, infatti, pone in capo al concessionario on line non solo l’obbligo di “osservare” (in proprio), ma anche quello di “far rispettare” dai propri “soggetti terzi incaricati”, ossia dai propri operatori di rete, il divieto di intermediazione per la raccolta del gioco a distanza nonché il divieto di raccolta presso luoghi fisici…”.

Siffatta formulazione, come è noto, è stata pressoché usualmente applicata in un modo in cui essa si è sistematicamente tramutata, praticamente e di fatto, in un meccanismo di addebito oggettivo al concessionario – ossia pressoché automatico in quanto affermato senza la ricerca né la individuazione di elementi di colpa effettiva e diretta del concessionario stesso – di infrazioni riconducibili (non direttamente ad esso, ma solo) al modo di operare dei propri “soggetti terzi incaricati(PVR).

Ed infatti poiché la suddetta norma convenzionale, nella sua letteralità, sembrerebbe focalizzare degli (ovvero fissarsi su) obiettivi assoluti, ciò ha di fatto legittimato l’addebito al concessionario di fatti (asseritamente costituenti infrazioni alle regole del gioco on line) che lo stesso, pur non avendo direttamente compiuto, non abbia comunque impedito o, il che è lo stesso, non sia riuscito ad impedire: il tutto, quindi, secondo un criterio di addebito meramente oggettivo di un fatto altrui, in cui – soprattutto – ogni elemento di concorso di colpa effettiva del concessionario viene sostanzialmente presunto e ogni possibilità del concessionario di giustificare il proprio incolpevole operato, per infrazioni scaturenti da fatto altrui, è divenuto un sostanziale tabù.

Sicché, in chiave pratica, nei singoli addebiti di fatti (o presunti fatti) accertati presso gli operatori di rete e contestati al concessionario, o il concessionario riusciva a provare la insussistenza radicale dei fatti addebitati oppure andava incontro, sempre e comunque, a responsabilità e sanzioni, anche in assenza di propria colpa effettiva.

La vicenda giurisdizionale occorsa al concessionario in questione, per contro, si auspica che abbia definitivamente sfatato tale tabù e, comunque, essa (dopo i numerosi interventi cautelari del TAR Lazio nella vicenda in questione) è riuscita a sensibilizzare ADM, nel rinnegare (si spera definitivamente) un principio – ossia quello di dover sostanzialmente rispondere “per fatto altrui a titolo di responsabilità oggettiva” – che risulta contrario ai principi dell’ordinamento giuridico e, anzi, rifugge dai principi basilari della civiltà giuridica contemporanea.

Venendo al fatto, il concessionario in questione sulla base della contestazione di cinque vicende, tutte afferenti la propria rete, che quindi avrebbero concretato (in tesi di ADM) l’ipotesi di “reiterata inosservanza degli obblighi di cui all’articolo 5, lettere f) e g)”, della convenzione, riceveva da ADM la comunicazione di avvio un procedimento di decadenza della propria concessione, a cui si accompagnava, perché operasse nelle more del procedimento avviato, una immediata sospensione cautelativa della concessione ai sensi dell’art. 21 comma 2, lett. g), della convenzione stessa.

Proposto con immediatezza ricorso, l’adito TAR del Lazio, in accoglimento delle tesi dei legali, ha subito “sospeso la sospensione” della concessione, con decreto presidenziale, poi, confermato ben due volte (a novembre 2021 ed a gennaio 2022) da ordinanza collegiale.

Le pretese violazioni degli obblighi concessori erano state addebitate al concessi-nario in base al principio, espressamente invocato anche dalle difese processuali di ADM, per cui il concessionario fosse comunque ed oggettivamente responsabile di ogni ipotesi di violazione del divieto di intermediazione, anche se non direttamente commessa dal (o contestata al) concessionario ma da operatori della propria rete, nei riguardi dei quali l’obbligo di vigilanza e controllo, sancito dalla convenzione in capo al concessionario, si trasformava pressoché regolarmente in meccanismo automatico (ossia su base oggettiva) di responsabilizzazione del concessionario, colpevole di non aver sostanzialmente impedito l’illecito del proprio operatore.

Poiché una delle cinque pretese violazioni aveva dato luogo ad una penale convenzionale di euro 10.000, che però non era stata notificata al concessionario, questo, con un secondo ricorso, impugnava anch’essa.

I legali del Concessionario, oltre a contestare – sia nella loro essenza fattuale che nella loro pretesa carica lesiva – i fatti addebitati e riconducibili agli operatori di rete, protestavano la inammissibilità del principio del coinvolgimento del concessionario in fatti riconducibili a propri operatori, sulla base di un principio di responsabilità meramente oggettiva, evidenziando che non solo la affermazione di una responsabilità meramente oggettiva del concessionario contrasta coi principi basilari di civiltà giuridica del nostro ordinamento ma che, inoltre, a ben vedere, ossia argomentando in chiave logica la lettera ed il senso delle disposizioni dei suoi articoli 5 e 21, è la stessa Convenzione a presupporre che, oltre alle prescrizioni generali (o generiche, in quanto affermate in termini di principi abbastanza scontati, ma astratti) in essa fissate, ADM impartisca delle ulteriori “prescrizioni”, specifiche e concrete, sul modo in cui debbano essere fissate delle misure organizzative della struttura del concessionario, idonee a prevenire e/o contrastare l’operato illegittimo o illecito di soggetti operanti nella propria rete, quali “soggetti terzi incaricati”.

Il che, quindi, diviene una conferma intrinseca (e quindi specifica) all’assetto regolamentare della convenzione concessoria:

– che, in via generale, la responsabilità del concessionario per fatto altrui possa essere affermata solo allorché gli sia rimproverabile di non aver attivato misure organizzative idonee a prevenire episodi di infrazioni dei propri operatori;

– e che, anzi, con specifico riferimento al più radicale procedimento sanzionatorio di decadenza (ben più rilevante di una irrogazione di una singola penale convenzionale), che la stessa attivazione della misura, con effetti potenzialmente devastanti, della sospensione cautelare della sospensione, presuppone, a ben vedere, che vengano violate delle “prescrizioni” specifiche, afferenti quelle che siano le idonee misure organizzative da adottare da parte dei concessionari, e che esse, anzi, siano già state preventivamente “comunicate” da ADM ai concessionari.

In buona sostanza, sulla base di vari argomenti giuridici e sulla scorta della ermeneusi della stessa convenzione concessoria, si è affermato che la responsabilità del concessionario, nonostante l’obbligo di controllo e vigilanza della propria rete, è “organizzativa” e non già “oggettiva” e che, anzi, certamente ai fini della decadenza, la responsabilità organizzativa in tanto si concretizza in quanto il concessionario abbia violato le “prescrizioni” (ossia quelle “specifiche”) diramate da ADM.

L’avvenuto, reiterato, accoglimento, in sede cautelare, di siffatte tesi difensive ha condotto ADM a recepire le indicazioni, anche giurisprudenziali, di contrarietà ai principi di civiltà giuridica dell’addebito oggettivo al concessionario di responsabilità per fatto altrui, e di introdurre dette “prescrizioni” specifiche.

Ed infatti, con la nota della Direzione Giochi Ufficio GAD, prot. n. 211248/R.U. del 18 maggio 2022, ADM ha recepito il principio per cui in tanto il concessionario è responsabile per fatto dei propri operatori in quanto non abbia adottato delle idonee misure organizzative tese a prevenire e contrastare comportamenti dei propri operatori ritenuti illegittimi od illeciti.

Ed anche se la ricostruzione del quadro normativo recata nella Nota suddetta non è risultata ai più condivisibile in alcuni passaggi (in quanto non in linea con l’elaborazione giurisprudenziale intervenuta, e tuttora operante, in subiecta materia) è tuttavia innegabile la assoluta valenza positiva dell’intervento di ADM, la quale, in allegato alla Nota, ha infatti introdotto e comunicato – denominandole “Misure di presidio attivate dai concessionari dai concessionari per controllare l’attività svolta presso gli esercizi commerciali incaricati della sottoscrizione dei contratti di conto di gioco e della vendita delle carte di ricarica” – le “prescrizioni” a cui allude espressamente l’art.21, comma 2, del format convenzionale diramato dalla AAMS, in guisa che le regole ed i principi sanciti in concessione assumano una portata operativa e concreta, che possa valere di riferimento per i concessionari, avvinti ad AAMS nella comune lotta al fenomeno della intermediazione vietata.

Il tutto in un contesto che venga a responsabilizzare – ed ovviamente nei naturali limiti del giuridicamente esigibile e del fattualmente sostenibile – i concessionari nell’esercizio della propria attività, fissando precise regole di controllo e presidio (e quindi anche legittimazioni e potestà) nei confronti degli esercizi commerciali contrattualizzati.

Ed infatti, nella suddetta Nota ADM, Direzione Giochi Ufficio GAD, prot. n. 21248/R.U. del 18 maggio 2022, si specifica testualmente:

– per un verso, che essa ADM ha “predisposto l’allegato elenco di misure volte a presidiare l’attività svolta presso gli esercizi commerciali contrattualizzati con i concessionari del gioco a distanza, per la sottoscrizione dei contratti di conto di gioco e la vendita delle carte di ricarica, che l’Agenzia utilizzerà per verificare se e in che misura è stato rispettato l’obbligo di verifica cui al citato articolo 5, comma 2, lettere f) e g) della Convenzione”;

– e, per altro verso, che “Detto elenco si propone alla sottoscrizione da parte dei concessionari quale impegno ad attivare tutte le misure di presidio ivi indicate; il riscontro positivo dell’attivazione di tutti i presidi sarà tenuto conto dall’Agenzia nella applica-zione delle citate disposizioni di cui agli articoli 5, 19 e 21 della convenzione di concessione, così come di eventuali ulteriori misure di controllo adottate”.

Alla luce di tale recepimento di principi di responsabilità “organizzativa” (e non “oggettiva”) del concessionario, nonché tenuto conto che, con riferimento al concessionario in questione, era stato dimostrato che taluni degli episodi contestati ai propri operatori non sussisteva in fatto e che, in altri episodi, le misure organizzative che il concessionario aveva già sua sponte, anteriormente, disposto, avevano addirittura disincentivato ed allontanato propositi illeciti di terzi soggetti, ADM ha proceduto a concludere, con provvedimento dell’8 luglio 2022, il procedimento di decadenza, con la radicale e significativa archiviazione del medesimo.

Pertanto, il ricorso principale, afferente il procedimento di decadenza e la (peraltro inibita) sospensione della concessione, è stato definito dal TAR, in condivisione delle istanze delle parti in causa, con la sentenza n. 12087/2022, con una dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, anche ai fini di un risarcimento del concessionario, e ciò in quanto – afferma testualmente il TAR nella sentenza n. 12087 – “il provvedimento di sospensione dal totalizzatore non ha mai prodotto i suoi effetti in ragione delle misure cautelari monocratiche e collegiali adottate nel corso del presente giudizio”.

Con riferimento all’altro procedimento, relativo alla penale convenzionale di euro 10.000, applicata da ADM (e comunque anch’essa superata ai fini dell’archiviato procedimento di decadenza), il TAR, pur dichiarando espressamente di dover disattendere il principio di responsabilità oggettiva, ha invece rigettato il ricorso del concessionario, ritenendo che le misure organizzative dal medesimo attuate nella fattispecie non fossero idonee.

Come testualmente riportato al punto 5 della sentenza del TAR,  nello specifico fatto, “Valutate le risultanze dell’accertamento, ADM riteneva che la metodologia operativa utilizzata dall’esercizio commerciale fosse in contrasto con quanto previsto dalla normativa vigente, poiché il titolare non si sarebbe limitato ad esercitare le funzioni strumentali alla connessione in via telematica e ad altre prestazioni accessorie quali le ricariche dei conti di gioco <così, implicitamente ma anche chiaramente, ammettendo la legittimità di siffatte prestazioni accessorie, ove esse si attengano ai suddetti limiti strumentali; n.d.r.>, ma avrebbe operato come una vera e propria agenzia di scommesse, effettuando giocate sportive dietro compenso economico in denaro contante, esercitando di tal guisa attività di intermediazione”.

Sulla vicenda, così delineata in fatto, il TAR ha innanzitutto confermato il rigetto dell’addebito per responsabilità oggettiva, affermando – del pari testualmente – ai paragrafi 23, 24, 25 e 26, che:

23. Venendo in rilievo l’applicazione di penali stabilite a livello convenzionale per le ipotesi di violazione degli obblighi previsti in convenzione, e dovendo conseguentemente escludersi la possibilità che la concessionaria possa essere chiamata a rispondere per fatto altrui o a titolo di responsabilità oggettiva – in quanto contraria ai principi dell’ordinamento – occorre richiamare, al riguardo, l’obbligo di vigilanza che grava sulla concessionaria in ordine alla garanzia del rispetto del quadro prescrittivo convenzionale.

  1. Per come previsto dal già richiamato art. 9 della convenzione, infatti, il concessionario è “responsabile degli obblighi posti a suo carico” e “assume in proprio ogni responsabilità organizzativa, tecnica ed economica e di ogni altra natura, inerente l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione”.
  2. Tale norma, imponendo al concessionario l’adozione di misure organizzative, tecniche ed economiche per l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione, affiancandone la previsione della relativa responsabilità, si traduce nell’imposizione di un’obbligazione di garanzia e di controllo sull’andamento della concessione e sul suo svolgimento in conformità alle relative previsioni.
  3. Trattasi quindi di responsabilità connotata dal profilo della personalità, parametrata alla violazione degli obblighi di vigilanza e controllo che il concessionario deve porre in essere al fine di assicurare l’osservanza dei divieti che presidiano l’attività di raccolta del gioco a distanza, i quali si estendono anche ai soggetti riconducibili alla filiera del concessionario”.

Tuttavia, con riferimento alla singola fattispecie, il TAR ha ritenuto (ai paragrafi 27 e seguenti della motivazione della sentenza n.12088/2022) che il concessionario non abbia provato “la propria estraneità rispetto all’esercizio commerciale oggetto dell’accertamento” e ciò in ragione delle “risultanze stesse della verifica, all’esito della quale si accertava che all’interno dei locali il gestore del punto vendita in questione, regolarmente contrattualizzato dalla società ricorrente, riceveva le scommesse utilizzando un conto di gioco intestato a persona diversa dal giocatore e rilasciava la ricevuta della giocata ai propri clienti privi di conti di gioco loro intestati; da un esame dei movimenti del predetto conto di gioco è risultato un cospicuo numero di giocate, ricariche e prelievi tale da confermare che lo stesso venisse utilizzato per effettuare intermediazione”.

Gli elementi accertati – prosegue il TAR – hanno quindi fatto emergere lo svolgimento della raccolta del gioco non semplicemente online, come previsto dalla concessione, bensì anche attraverso canali e modalità diverse e non consentite”, soggiungendo che, “A fronte di tali rilievi, correttamente ADM ha ritenuto che il sistema di alert, verifica e prevenzione posto in essere dalla ricorrente non fosse sufficiente a prevenire e impedire fenomeni di raccolta illecita come quelli oggetto di contestazione”.

Da quanto appreso dagli Avv.ti Ilardo e Lo Presti, difensori del concessionario interessato, anche questa decisione del TAR – così come, ovviamente, quella relativa all’archiviato procedimento di decadenza – è stata accolta favorevolmente, in quanto recettiva dei principi da essi legali affermati in relazione alla responsabilità “organizzativa”, e non “oggettiva”, del concessionario.

Tuttavia, in punto di fatto, non viene condivisa la decisione del TAR, che i suddetti legali ritengono non rifletta esattamente gli accertamenti del caso, né la idoneità delle misure organizzative in quella valenza apprestate dal concessionario, anche se dubitano dell’effettivo interesse del concessionario stesso ad impugnare detta pronunzia, sia perché irrisoria sia perché già anch’essa espressamente superata dal provvedimento di archiviazione, che su di essa si è pronunziata.

Peraltro, sottolineano positivamente come la stessa ADM, mediante le difese esplicate dall’Avvocatura dello Stato nelle note difensive depositate in vista dell’udienza del 13 luglio 2022, aveva motivato la propria insistenza nella applicazione della penale convenzionale, rappresentando che l’adozione, da parte del concessionario, delle idonee misure organizzative e di controllo, denominate “Misure di presidio” e recentemente asseverate da ADM, non varrebbe per le violazioni commesse anteriormente, sicché – solo in ragione di detta anteriorità – le relative penali contestate andrebbero comunque pagate dal concessionario.

Donde il corollario di ulteriore conferma della rilevanza esimente della responsabilità del concessionario, in caso di dimostrata sua attuazione delle “Misure di presidio” allegate alla Nota ADM, Direzione Giochi Ufficio GAD, prot. n. 21248/R.U. del 18 maggio 2022, per i fatti successivi a detta Nota o, meglio, al recepimento di essa e delle “Misure” ad essa allegate, a conferma di un tangibile progresso logico e di civiltà giuridica della collaborazione sinergica di ADM e concessionari nella comune lotta al gioco illegale. lp/AGIMEG

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